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al testo proposto da Loredana Savelli
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Fra le cose che il mare getta si cerchino le più disseccate, zampe violette di gamberi, testine di pesci morti, soavi sillabe di legno, piccoli paesi di perla, si cerchi ciò che il mare ha sfatto con inutile insistenza, ciò che ha rotto e squassato e abbandonato per noi.
Ci sono petali inanellati, cotoni della tempesta, sterili gemme dell’acqua e ossa gracili d’uccello che sembrano ancor volare.
Si svuota il mare delle sue scorie, il vento gioca con gli oggetti, il sole ogni cosa abbraccia e il tempo vicino al mare conta e tocca quanto esiste.
Io conosco tutte le alghe, gli occhi bianchi della rena, le piccole mercanzie delle maree dell’autunno e, come un gran pellicano, edifico umidi nidi, spugne che adorano il vento, e labbra d’ombra abissale, ma nulla è più lacerante dell’indizio di un naufragio: il dolce legno scomparso che fu morso dalle onde e sdegnato dalla morte.
Bisogna cercare cose oscure in qualche parte della terra, in riva al silenzio azzurro o dov’è passato il treno di una furiosa tempesta: restano sogni sottili, monete di tempo e d’acqua, detriti, celeste cenere, e l’ebbrezza intrasferibile di prender parte ai travagli della spiaggia spopolata.
(tratta da "Poesie", a cura di Roberto Paoli, Bur 2001)
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